"Voglio
qualcosa di nuovo", chiese Enzo Ferrari a
John Barnard, quando giunse a Maranello nel 1986,
dopo averlo strappato alla rivale McLaren. Per quello che
era allora considerato il più geniale progettista della
F1 fu un invito esaltante e raccolse la sfida mettendosi
al lavoro.
Negli
archivi della Ferrari ritrovò un vecchio brevetto della
Ferrari, un cambio semiautomatico elettroidraulico,
azionato da due pulsanti disposti sul volante. Realizzato
in collaborazione con la Bendix su progetto di Forghieri.
Nel 1979 questo congegno venne montato su una Ferrari
312 T3 evoluta, con la prospettiva di utilizzarlo sulla
futura T4. Il sistema pesava solo 2 kg più del cambio
meccanico e diede subito risultati soddisfacenti. Enzo Ferrari
raccontò che l'idea per quella soluzione gli era venuta
durante la guerra, quando costruiva macchine utensili.
I
giornalisti presenti a quei primi test, avvertirono subito
la grande rapidità delle scalate, con tempi paragonabili
a quelli della "raffica di un motorino per macchina
fotografica".
Villeneuve fu l'ultimo a occuparsi della sua
sperimentazione ma non lo gradì, trovandolo poco pratico
e ingombrante Disse con franchezza a Forghieri
che avrebbe dato parere negativo a Enzo Ferrari sull'opportunità
di proseguirne lo sviluppo. Se ne riparlò qualche mese più
tardi per la T5 del 1980, per la quale si pensava di utilizzare
un cambio a 6 marce ma tutto venne poi archiviato.
Alla
fine degli anni ottanta il panorama tecnologico era però
cambiato e gli ultimi progressi nel campo dell'elettronica
consentivano di mettere a punto un sistema molto più pratico
ed efficiente.
Da
questi primi intensi studi nacque la 639, una vettura
laboratorio che consentì di preparare la strada alla 640,
la prima vettura della storia che porterà in gara
un cambio elettronico. |