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La Ferrari vista attraverso Modellismo, Storia e Passione


I lunghi anni del Montana di Giovanna Montorsi

 

 
I ricordi si affollano nella memoria e mi è molto difficile proseguire, ma ho dimenticato di raccontare di una giornata trionfale. Nell’aprile del 67, prima di quel fatidico giorno a Montecarlo, Lorenzo vinse, in coppia con Chris Amon, la 1.000 km di Monza. Io c’ero, sempre con la mia amica Angela e mio padre che, però, seguì la corsa nella roulotte (non esistevano i motor home) di Chiti, Direttore Generale dell’Autodelta. Erano amici da sempre. Naturalmente io ed Angela stavamo nella scalinata che c’era allora sopra ai box della Ferrari. Era presente anche la Signora Laura e quando i nostri piloti vinsero e gli appassionati correvano verso le Ferrari per portare in trionfo Lorenzo e Chris, Laura, imperterrita, apparecchiò il muretto di cemento dei box con pizzi e merletti e tazze in porcellana e, dopo aver chiamato Lorenzo, offrì un tè e pasticcini per tutti. Cercammo di dissuaderla, ma Lei disse che la premiazione non scappava.





Comunque era la prima volta che assistevo ad una gara di prototipi, ne avevo sempre sentito parlare ma difficilmente la televisione le trasmetteva e mio padre non mi aveva mai portata neppure a Le Mans considerando che era una trasferta troppo lunga e troppo pesante per una ragazzina di 17 anni. Comunque mi guardai intorno e scoprì che c’era un altro mondo oltre alla F1. Conobbi Gunter Klass, che però ci lasciò nel luglio del 67, Ignazio Giunti, Nanni Galli, De Adamich e Clay Regazzoni. Era un combriccola di amici che si amavano e si detestavano. Non tutti correvano per la Ferrari, come ad esempio Galli che era all’Autodelta, ma venivano spesso a Modena. Il mio amico migliore comunque era rimasto Chris Amon anche perché parlava solo inglese e si rivolgeva sempre a me.





Ignazio Giunti con Arturo Merzario




Galli corse solo una volta in Ferrari in Francia nel 72 per sostituire Regazzoni. Andammo una volta a sciare all’Abetone dal mattino alla sera perché avevamo un’amica comune maestra di sci e probabile azzurra. Fu una giornata di puro sci e divertimento: né io né la mia amica (che ho sentito ora al telefono) ricordiamo se c’era anche qualche altro pilota.
Con Giunti diventai subito amica: era simpatico, gentile e molto professionale, ma soprattutto gli piaceva una mia compagna di scuola e cercava sempre di uscire con noi o per andare a mangiare gnocco e tigelle alla Siberia, vicino a Maranello o per trovarci nella famosa saletta del Commendatore o per mangiare da Lauro, famoso ristorante modenese, a due passi dalla Maserati e sempre frequentato da piloti, tifosi e meccanici, anche perché è uno dei più importanti collezionisti di poster e di oggetti di automobilismo.Ignazio aveva anche preso in affitto un appartamentino all’ingresso di Modena dove ci trovavamo quando non si sapeva dove andare…Purtropo anche lui ci lasciò nel 71 a Buenos Aires in un incidente che credo tutti si ricordino. Io ero alla televisione e mi sentii morire.
Per i più giovani o per chi non ricorda quell’incidente :Giunti stava dominando la gara, le Porche si erano già fermate per fare rifornimento, mentre la Ferrari aveva ancora benzina a sufficienza per poter fare altri giri, quando accadde la tragedia: Jean-Pierre Beltoise con la Matra-Simca MS660 era rimasta senza benzina e tentava di spingerla verso i box. Giunti arrivava durante il 36° giro mentre cercava di doppiare la Ferrari 512M di Mike Parkes. Durante il doppiaggio, Giunti si trovò in piena traiettoria la Matra di Beltoise e ci fu lo schianto: entrambe le vetture presero subito fuoco. Arturo Merzario estrasse il corpo di Giunti dalla vettura e Beltoise si salvò per un miracolo.







Arturo Merzario




Nello stesso periodo arrivò anche Arturo Merzario, anche se dopo un rocambolesco e divertente aneddoto: era all’Abarth, gli dicono “Al telefono c’è il Commendatore Ferrari” e lui non risponde convinto sia uno scherzo, nel frattempo corre a Imola e gli si avvicina una persona che non conosce (forse Sante Ghedini o Valerio) e gli dice che il Drake lo aspetta a Maranello. Lui non ascolta, come suo solito, ma Sabbatini di Autosprint gli dice “Attento: è un “uomo” di Enzo Ferrari” A quel punto cede, si prepara, si pettina e si reca a Maranello, aspettando per 2 ore nella saletta di attesa dell’Ufficio del Drake. Alla fine lo ricevono. Presenti Gozzi, Forghieri ed il Commendatore che in perfetto modenese gli dice: “E tu saresti quello che non aveva tempo di venire?” Gli consegnano immediatamente il contratto, ma lui prova a dire che ha degli impegni con l’Abarth. “Nessun problema! Ci pensa Gozzi”.






Ignazio Giunti con la 312 B




In ottobre è già seduto nel vecchio autodromo in una 512S, ma si lamenta con Forghieri che ci balla dentro. Risata generale! Se lo conoscete, è talmente magro che neppure in una automobilina di mio nipote starebbe comodo. Bene gli procurano metri e metri di gommapiuma per potersi arrangiare alla bene meglio. Era simpaticissimo, non che non lo sia ora, aveva sempre una tenuta da texano e quella parlata con forte accento comasco che lo rendeva un po’ snob e un po’ “arrogante”. Siamo ancora amici ed ogni tanto lo sento, ma devo ringraziare Brusini Romano che ha scritto un libro su Merzario e mi ha aiutato a ricostruire la “favola” Arturo. Mi pare che dormisse all’Hotel Donatello ancora esistente, sempre sulla SS del Sempione. Forse sono andata a prenderlo una volta perché doveva andare a Maranello, ma non vorrei sbagliarmi.






Coppa Shell 1971 - Arturo Merzario





Arturo debutta in F1 a Brands Hatch nel 1972, gara vinta da Fittipaldi su Lotus, ma aveva già corso anche in bicicletta, scherzo!, e aveva sempre avuto ottimi risultati. Il Palmares di Arturo è lungo una vita, al punto che corre ancora!
Ero già universitaria e stavo passando un periodo estivo di perfezionamento del mio inglese, quando la Ferrari mi invitò a Brands Hatch. Presi il mio trenino e con il Pass entrai subito ai box. Era luglio e faceva un caldo terribile! Mi infilai nel camion della Ferrari e con un pentolone immenso preparai spaghetti al pomodoro per tutti. Mangiammo seduti sulle gomme fuori dal camion ed erano tutti contenti: finalmente un pasto caldo!








Maurizio del Montana



Nel frattempo Piero e Floriana sia erano sposati e li vedevo poco, mio fratello era ai Filippin a studiare e io ero impegnata con il primo anno a Bologna della Scuola Superiore Interpreti. Frequenza obbligatoria. All’autodromo andavo poco e incontravo i “ragazzi” il sabato e la domenica quando rientravo, se non erano impegnati in qualche gara. Facevo anche da interprete per mio padre al Cersaie e mi è rimasto impresso un sabato pomeriggio, mentre cercavo lavoro alla Fiera Gastronomica di Bologna, incontrai Mario Casoni che mi invitò ad andare a Imola con lui, invece di stare a guardare il montaggio degli stand. Partimmo subito e passammo il pomeriggio con tutti loro. Poi la mattina dopo andammo a vedere la gara. Non ricordo che anno era. E tantomeno chi correva.
Non mi sembra di aver più visto il Commendatore e non so cosa sia successo fra lui e mio padre, ma sicuramente, quando licenziò Oscar, il cuoco tutto fare del Cavallino, mio padre si schierò dalla parte del ristoratore che per un certo periodo gestì il ristorante dell’unico Albergo in centro a Maranello (andavamo sempre la domenica a mangiare da lui) e poi costruì nel 62, a pochissimi chilometri dalla Ferrari, il Ristorante Montana che fungeva anche da Albergo e dove Oscar viveva con la sua famiglia. Il famosissimo ristorante passò di mano nel 1985, forse per sopraggiunta anzianità, a Maurizio e Rossella ancora in piena attività. Si mangia benissimo e gli appassionati ed anche i piloti tutt’ora preferiscono pranzare lì, anche perché ci sono attaccate alle pareti alettoni, ruote, tute, caschi, fotografie. Tutte le volte che vado, Maurizio mi chiede: “ Solite tagliatelle al ragù?” “Certo le fai buonissime e a Milano non le trovo!”





Le sale del Montana




I miei genitori, dopo avermi fatto usare una vecchia Fiat 127, mi regalarono una Fiat 128 Rally Rossa e mi sentivo, finalmente, un pilota anch’io! Ormai vivevo a Bologna e cominciai a lavorare per il Governo Messicano, ma questa è un’altra storia…






Con la mia 128 Rally




©Giovanna Montors
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Pagina pubblicata il 8/4/2013

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