Armando 
          Spatafora in divisa nel 1962 (fotografia tratta da: Il Poliziotto con 
          la Ferrari)
          
          
             
               
                   
                   
                  
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               “Se 
                  vai in giro a tarda sera, occhio sempre alla pantera! Ma se 
                  esci a tarda ora, occhio amico a Spatafora” (consiglio 
                  notturno da “Il tempo” 4 ottobre 1964)  | 
             
             
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              Non 
                  capita tutti i giorni di vedere una Ferrari, una 250 GT/E 2+2 
                  nera della "Mobile", scendere una scalinata all’inseguimento 
                  di un’auto con a bordo dei malviventi. Questa storia e 
                  questo diorama raccontano e raffigurano quello che avvenne in 
                  una serata romana del marzo 1964. 
                   
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              Per 
                  calarci completamente nell’opera realizzata, si deve conoscere 
                  prima il personaggio, che con le sue gesta ha alimentato l’alone 
                  di leggenda che viene tramandato ancora ai giorni nostri, leggenda 
                  che, come tutte le leggende, non si ha certezza dell’accaduto, 
                  in quanto il Ministero degli Interni non ha mai confermato ne 
                  smentito questo epico episodio. Siamo a Roma in una sera del 
                  marzo 1964, sono passati ormai 48 anni dal fatto narrato in 
                  questa pagina e compiuto dal mitico Maresciallo Armando Spatafora, 
                  all’epoca dei fatti ancora Brigadiere, poliziotto tutto 
                  d’un pezzo, vecchio stampo. E’ d’obbligo prima 
                  di calarci in questo affascinante racconto, conoscere chi era 
                  “l’attore” principale di questa storia metropolitana. 
                  Armando Spatafora nasce a Siracusa nel 1927. 
                  Al termine del servizio militare svolto in Aeronautica, Spatafora 
                  presenta domanda per entrare nel Corpo delle Guardie di Pubblica 
                  Sicurezza. La domanda viene accolta e nel novembre del 1950, 
                  “Armandino” è a Roma pronto ad agire. Subito 
                  dopo viene trasferito a Foggia, poi ancora a Roma per dare inizio 
                  alla sua storia ed al suo Mito. Narra la figlia Carmen nel libro 
                  da lei scritto “Il Poliziotto con la Ferrari” e 
                  presentato a Roma in Campidoglio nel 2009, che Spatafora nel 
                  1955 venne nominato “guardia effettiva” e in seguito 
                  nel 1957, venne definito “ottimo” nello stato di 
                  servizio, quindi papabile alla nomina di Brigadiere, domanda 
                  che venne presentata nel 1960 e accettata nel 1961 a seguito 
                  di “brillanti operazioni”. Nell’occasione 
                  citiamo un passaggio dal libro “Il Poliziotto 
                  in Ferrari” per capire al meglio i motivi di 
                  questo avanzamento di grado e il carattere di Armando Spatafora, 
                  tracciato dal Comandante del Nucleo di Guardie di Ps di Roma: 
                   
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                  Spatafora 
                  durante un servizio di pattuglia con la 250 GT/E (img tratta 
                  da: Il Poliziotto con la Ferrari)
                  
                 
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              (cit. 
                  pag 27): “ I numerosissimi servizi 
                  ai quali ha preso parte, sempre interessato e attento, la infinita 
                  serie di pattuglioni notturni, sempre alla guida della sua Alfa 
                  1900, hanno fruttato al militare un bagaglio di esperienza e 
                  una particolare sensibilità che gli permettono di intuire 
                  o riconoscere da piccole sfumature, la presenza del pregiudicato. 
                  Numerosi pregiudicati poi, sono conosciuti e riconosciuti a 
                  colpo d’occhio dallo Spatafora che sembra fissarsi in 
                  mente nomi e fisionomie con una facilità veramente notevole”. 
                   
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              Quindi 
                  un uomo pieno di passione e di rispetto per il prossimo, un 
                  vero poliziotto che negli anni '60 era considerato da tutti 
                  un antagonista della "mala" romana 
                  (cit.Carmen Spatafora)   | 
             
             
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              Riproponiamo 
                  questo bellissimo articolo di Gianmarco Calore, 
                  in occasione della pubblicazione del libro “Il 
                  Poliziotto con la Ferrari” scritto dalla figlia 
                  del Maresciallo Armando Spatafora, Carmen e tratto da www.Polizianellastoria.it 
                   
                   
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                  Armando 
                  Spatafora e Mario Esposito durante un "pattuglione" 
                  notturno (img. 
                  tratta da: Il Poliziotto con la Ferrari)
                  
                 
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              “Ci 
                  sono tantissime leggende metropolitane legate al mondo della 
                  nostra Polizia. Alcune sono vere, altre sono frutto di rimaneggiamenti 
                  e rivisitazioni nelle quali ciascuno ha aggiunto un po' del 
                  suo, altre ancora sono autentiche "bufale". 
                  Ma tutte - dico, tutte - contribuiscono ad accrescere il fascino 
                  e l'ammirazione che i Cittadini italiani perbene (più 
                  qualche raro delinquente con un codice d'onore ancora degno 
                  di rispetto) hanno sempre nutrito verso il "Panterone". 
                   
                  Ogni storia ha avuto per protagonisti 
                    Poliziotti e Cittadini, guardie e ladri, il Bene e il Male 
                    visti in uno spaccato di vita sempre diverso come sempre diverso 
                    è ciascun intervento fatto dalla Volante ogni giorno. 
                    Quella di cui sto per parlare è una storia conosciuta 
                    da molti. Una storia che è stata raccontata in mille 
                    modi diversi, con mille finali diversi. Una storia che in 
                    uno dei suoi risvolti più rocamboleschi non ha mai 
                    trovato una conferma ufficiale da parte del Ministero e che 
                    quindi si è sempre prestata a una pluralità 
                    di versioni che oggi non possono più essere avvalorate 
                    o smentite. 
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              Sono 
                  passati quasi cinquant'anni da quei giorni movimentatissimi 
                  dei primi anni '60 che vedevano la Polizia della nostra Capitale 
                  in prima linea contro una criminalità sempre più 
                  arrogante e con sempre meno scrupoli. Gli anni Cinquanta erano 
                  passati da poco, ma tutto stava cambiando rapidamente. Troppo 
                  rapidamente. Ad un periodo di ricostruzione materiale e sociale 
                  post-bellica, che vedeva ancora gente vivere accampata sotto 
                  i ponti, in androni fatiscenti, i più fortunati dentro 
                  i vagoni ferroviari in disuso stava subentrando un periodo fatto 
                  di benessere e di rilancio economico. La radio cantava "Se 
                  potessi avere mille lire al mese...", le carte annonarie 
                  stavano diventando un ricordo, insomma, la gente stava cominciando 
                  a credere sul serio alla rinascita. Anche il modo di fare Polizia 
                  si stava adeguando a queste mutate esigenze sociali: non bastavano 
                  più due guardie appiedate o in bicicletta per garantire 
                  sicurezza; anche i cosiddetti "blocchi volanti" stavano 
                  diventando anacronistici, con quei gipponi rossi carichi di 
                  militari appostati nei punti nevralgici della città, 
                  con il capopattuglia che ogni mezzora doveva telefonare al comando 
                  per sapere se c'erano novità. Le metropoli stavano brulicando 
                  di nuova vita, con varia umanità che arrivava da ogni 
                  parte della Penisola in cerca di lavoro: Milano, Torino, Bologna... 
                  la stessa Roma.... Trovavi appartamenti occupati da trenta, 
                  quaranta persone: mai le stesse. Amici, parenti, amici dei parenti.... 
                  un ginepraio difficile se non impossibile da districare. Anche 
                  perchè dal Sud tra tanta brava gente stava venendo sù 
                  anche la delinquenza grazie anche ai provvedimenti di confino 
                  attuati per stroncare i fenomeni mafiosi del Meridione. 
                   
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                  Armando Spatafora (secondo da sinistra) 
                  con un gruppo di colleghi (img. tratta dalla Rete) 
                   
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              Roma 
                  nel 1960 aveva una volante. 
                  Sì, avete letto bene: una volante per tutta la Capitale. 
                  Era costituita da una rombante Alfa Romeo 1900 blindata di colore 
                  nero. Perchè all'epoca nere erano tutte le macchine della 
                  Questura; rosse invece quelle della Stradale e del Celere. Era 
                  una macchina per quei tempi avveniristica: motore super pompato, 
                  cristalli rinforzati, tendine passaruota antiproiettili, tettuccio 
                  apribile nella parte posteriore per consentire al gregario di 
                  aprire il fuoco con il MAB stando in piedi.... L'auto stazionava 
                  prevalentemente in Questura, pronta ad intervenire su chiamata 
                  diretta. Non era come oggi, in cui la Volante fa di tutto tranne 
                  forse che fare proprio la volante: quando usciva il "Panterone", 
                  tutti sapevano che erano rogne pesanti. Fino alla fine degli 
                  Anni Cinquanta il "Panterone" aveva dato filo da torcere 
                  ai primi criminali: inseguimenti, sparatorie, sganassoni.... 
                  Sì, perchè all'epoca la Polizia non andava tanto 
                  per il sottile. All'interno della Squadra Mobile della città 
                  capitolina si narra di un tabellone affisso dai Poliziotti e 
                  sul quale quando smontavano i vari turni segnavano il numero 
                  di proiettili esplosi: alla fine del mese chi perdeva pagava 
                  una cena al turno vincitore. Questa però è un'altra 
                  storia, un'altra leggenda metropolitana che Roma si contende 
                  con Milano, dove pure la Polizia sparava a rotta di collo: anche 
                  qui, però, conferme ufficiali non ce ne sono, al di là 
                  di qualche ammissione sussurrata a mezza bocca da qualche Collega 
                  pensionato. 
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              Chi 
                  faceva volante a Roma a quel tempo era inquadrato in seno alla 
                  Squadra Mobile, una sezione della questura composta da Poliziotti 
                  con le controsfere: gente che ne aveva viste di tutti i colori, 
                  con gavetta fatta "a rimorchio" del brigadiere più 
                  vecchio, quasi sempre a piedi e in estenuanti "porta a 
                  porta" per identificare gli occupanti dei palazzi o altre 
                  volte a chiacchierare per ore con fruttivendoli, pizzichettai, 
                  giornalai e altri "indigeni stanziali" ben lieti di 
                  riferire che Peppino il Lungo si era fatto vedere al bar con 
                  Gennaro Capocece, sì, proprio quello della rapina dell'anno 
                  scorso e che sicuro era tornato sul circuito a fare danni. La 
                  Polizia aveva campato per anni sul sistema degli informatori, 
                  delle "soffiate" tutte da verificare con estenuanti 
                  appostamenti che spesso non portavano a nulla se non ai geloni 
                  ai piedi: un sistema che però aveva dato i suoi frutti 
                  a chi li aveva saputi aspettare e che mai si sarebbe potuto 
                  credere capace di entrare in crisi. Tuttavia fu così. 
                   
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                  Una bella immagine della Ferrari 250 
                  GT/E 2+2 della Mobile romana (img. tratta dalla Rete) 
                   
                   
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              Dal 
                  canto suo, la criminalità metropolitana si era evoluta 
                  anche e soprattutto nei metodi di autoprotezione. Aveva per 
                  prima cosa lavato i suoi panni sporchi in famiglia: vale a dire, 
                  ogni "infame" era stato fatto sparire in modo più 
                  o meno eclatante. Parlare con una guardia era diventato pericoloso 
                  e le bocche si erano come per magia cucite: nessuno ricordava 
                  più nulla, il brigadiere non trovava più il suo 
                  caffè corretto all'informazione al solito bar, il fiume 
                  in piena delle varie "gole profonde" si era improvvisamente 
                  inaridito... anche perchè molte di quelle "gole 
                  profonde" erano nel frattempo diventate "gole tagliate".... 
                  In secondo luogo, grazie ad una disponibilità pressochè 
                  illimitata di fondi e all'evoluzione della tecnologia, non c'era 
                  più bisogno di farsi vedere tanto in piazza quando si 
                  voleva organizzare il colpo "gobbo": solla scorta 
                  dell'esperienza sicula, la criminalità si era organizzata 
                  gerarchicamente in "famiglie" che si erano spartite 
                  il territorio senza pestarsi troppo i piedi. Tutti dovevano 
                  mangiare, non era conveniente spararsi tra di loro quando ovunque 
                  c'erano mazzette di denaro e gioielli da rapinare. Ecco allora 
                  che la criminalità "da sopravvivenza" che quell'unica 
                  volante nera era abituata a contrastare si tramutò ben 
                  presto in una criminalità di stampo meramente voluttuario: 
                  insomma, non si rapinava più per mangiare ma per arricchirsi. 
                  Di conseguenza, il livello di pericolosità di questi 
                  soggetti aumentò in modo incontrollabile perchè 
                  non si guardava più in faccia a nessuno quand'era ora 
                  di dare voce alle armi.  | 
             
             
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              La 
                  Polizia si trovò spiazzata. Indagini che non progredivano, 
                  risultati che calavano, incapacità di dare risposte rassicuranti 
                  ai privati cittadini sempre più in balìa di bande 
                  di predoni (la "banda Cavallero" giusto per fare un 
                  nome) per i quali non faceva differenza tra un direttore di 
                  banca vivo o morto. Basti pensare che la prima rapina ad un 
                  furgone portavalori avvenne il 27 febbraio 1958 alle porte di 
                  Milano, con una sparatoria da far west in pieno giorno e con 
                  la Polizia sbigottita di fronte a tale protervia criminale: 
                  bottino, 114 milioni dell'epoca. A Roma iniziò a serpeggiare 
                  grande malumore tra i Poliziotti "cani da strada": 
                  il loro fiuto sembrava affetto da cronico raffreddore e, oltre 
                  a non battere un beneamato chiodo, alcuni di essi per strada 
                  iniziarono pure a morirci.  | 
             
             
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              Quando 
                  la marea montante del disappunto poliziesco raggiunse i limiti 
                  di guardia, l'allora Capo della Polizia Angelo Vicari scese 
                  in campo ad incontrare i suoi uomini. 
                  12 gennaio 1962, una mattina piovosa resa ancora più 
                  tetra dall'umore degli Uomini della "Mobile" romana. 
                  Sono stati tutti convocati in uno stanzone al primo piano. Luci 
                  giallastre diffuse dalle lampadine a muro rese ancora più 
                  lattiginose dalle sigarette fumate senza sosta; un brusìo 
                  continuo interrotto solo da un colpo di tosse o da uno starnuto. 
                  Poi improvvisamente il silenzio: entra il Capo. Tutti si alzano 
                  in piedi. Non è l'ennesimo discorso retorico, quello 
                  di Vicari: è una discussione a doppio senso con i suoi 
                  uomini, come si potrebbe fare attorno ad una tavola imbandita 
                  la domenica a pranzo. Rispettosamente ma con fermezza, gli uomini 
                  della "Mobile" insistono col rappresentare che i mezzi 
                  a disposizione della Questura sono ormai obsoleti, superati, 
                  antiquati.... Sembra di sentire i discorsi di oggi, vero? E 
                  le risposte? Anche quelle, le stesse: non ci sono fondi, il 
                  ministero ha altre priorità, e via discorrendo. Fino 
                  a quando il Capo, ormai messo alle corde da sbirri che il loro 
                  mestiere lo sanno fare fin troppo bene, esasperato dalle loro 
                  insistenti richieste sbotta: "Ma insomma, di cosa avete 
                  bisogno?" 
                   
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                  La Mobile romana con l'istruttore Ferrari Roberto Lippi 
                  a Modena per il corso di specializzazione di "guida veloce" 
                  (img. tratta dalla Rete) 
                   
                  
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              In 
                  fondo alla stanza c'è un uomo. E' un brigadiere della 
                  "Mobile", un uomo esile, mingherlino ma dagli occhi 
                  vispi, attenti. Un sottufficiale conosciuto, rispettato anche 
                  dai criminali che ha arrestato a decine. Fino a quel momento 
                  è stato zitto zitto ad ascoltare, lasciando che i più 
                  sanguigni dei colleghi si scannassero. Termina la sua sigaretta 
                  e si alza in piedi, facendo cigolare la sedia: 
                  "Di cosa abbiamo bisogno, eccellenza? Di una Ferrari!" 
                  Cala il gelo in quella stanza surriscaldata. Mai nessuno aveva 
                  osato rivolgersi con tale fermezza e arroganza ad un Prefetto, 
                  per di più Capo della Polizia. Tutti si girano e lo guardano 
                  a metà tra la commiserazione per la sua sorte futura 
                  e il rispetto. "Come si chiama, lei?" tuona Vicari. 
                  E lui, sempre guardandolo negli occhi: "Sono il brigadiere 
                  Armando Spatafora". Vicari lo guarda per qualche secondo, 
                  soppesandone l'uomo oltre che il poliziotto e gli risponde con 
                  un'unica frase: "L'avrà!" 
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              Fino 
                  a qui la storia. D'ora in avanti, la leggenda.  
                 
                Neanche 
                  tre mesi dopo dagli stabilimenti Ferrari di Maranello arriva 
                  a Roma un esemplare di uno splendido colore nero. E' una Ferrari 
                  250 GTE carrozzata Pininfarina: sulle porte, la dicitura "Squadra 
                  Mobile"; sul passaruota anteriore, il neonato simbolo della 
                  Pantera. Insomma, la volante di tutte le volanti: un "mostro" 
                  in grado di toccare i 280 km/h. Ed è nera: Pantera tra 
                  le Pantere, con un bel lampeggiante sul tettuccio. Assieme ad 
                  altri tre colleghi (Carlo Annichiarico, Dalmatio De Angelis 
                  e Giuseppe Savi) Armando Spatafora venne spedito a Maranello 
                  per frequentare il corso di guida per un bolide da pista, più 
                  che da strada. Vi arrivano dopo 6 ore di viaggio a bordo della 
                  Fiat 500 di Armando. Ma lui è un Poliziotto che sa già 
                  guidare bene: a Maranello gli affinano la tecnica e lo rispediscono 
                  a Roma. Diventa consegnatario di quella macchina assieme a quei 
                  tre colleghi, unici autorizzati a guidarla. E per la criminalità 
                  la musica cambia. Come cambia la fama della Polizia romana: 
                  inseguimenti a rotta di collo, ma stavolta la macchina non si 
                  lascia seminare. Via Veneto, via Nomentana, sotto San Pietro 
                  ("Ma con le sirene spente, per non svegliare il Papa..."). 
                  Arresti rocamboleschi, con i fotografi che alternavano quegli 
                  scatti a quelli dei VIP della "dolce vita". 
                   
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                  L'Alfa 
                  Romeo 1900 in dotazione alla Questura di Roma 
                  (img. 
                  tratta dalla Rete)  
                   
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              E 
                  poi, il mito. Di esso esistono tante versioni. Forse questa 
                  è la più veritiera. 
                  E' una notte di marzo del 1964. "Armandino" è 
                  in giro di pattuglia assieme ad un giovane collega. Sono notti 
                  da brivido, fatte di rapine e furti nelle case. Ci sono due 
                  "merli" da catturare: uno si chiama "lo Zoppo", 
                  l'altro "il Pennellone". Da anni sono la croce e la 
                  delizia di tutti i Poliziotti capitolini: sono due ladri d'auto, 
                  soprattutto sportive; ma sono anche i piloti più richiesti 
                  dalla criminalità quando c'è da fare un "colpo" 
                  veloce e pulito. Chi ha provato a mettere loro il sale sulla 
                  coda è finito contro un muro o - alla meglio - dentro 
                  un fosso. Armando conosce i suoi "polli": sa che prediligono 
                  il centro storico di Roma perchè riescono a guidare tra 
                  quei vicoli a 100 all'ora senza colpo ferire e senza auto strisciare. 
                  Colosseo, i Fori, piazza Venezia, poi sù verso la sinagoga 
                  e da lì al Pantheon. La città è deserta, 
                  il collega sbadiglia.... Poi, improvvisamente, ecco un'Alfa 
                  2500 rossa "tagliare" a cannone verso piazza Navona. 
                  Parte l'inseguimento tra stridore di gomme, controsterzi, freni 
                  a mano, derapate. La canaglia sa il fatto suo, Armandino riconosce 
                  il "tocco" inconfondibile dello "Zoppo". 
                  Ma anche lo Zoppo capisce di non avere a che fare con uno sbirro 
                  qualunque: quello non lo molla di un millimetro. Le prova tutte, 
                  lo Zoppo: cerca di farsi tamponare, cerca di fare a sportellate, 
                  a ponte Milvio si arrampica perfino su un marciapiede. Ma l'altro 
                  è sempre lì, con quella sirena che lacera l'aria 
                  e che si fa sempre più vicina. Fino a Trinità 
                  dei Monti. Qui, si dice che entrambe le macchine passarono su 
                  due ruote sopra un paracarro che ostruiva la strada. Vero o 
                  no, sta di fatto che proprio sulla scalinata lo Zoppo se la 
                  gioca: giù per i gradini con auto e tutto, vediamo se 
                  mi segui fin qui! E Armandino? Giù anche lui, con una 
                  Ferrari che neanche in una vita sarebbe riuscito mai a comprarsi! 
                  Si fanno tutta la scalinata di Trinità dei Monti e alla 
                  fine, mentre l'Alfa si trova con 3 cerchioni spaccati, la coppa 
                  dell'olio crepata e fumo che esce da tutte le parti, la Ferrari 
                  pure scalcagnata gli è addosso. In un baleno lo Zoppo 
                  si trova coi ceppi ai polsi: "Brigadiè, ammazza 
                  come corri!" 
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                  "Il 
                  Poliziotto con la Ferrari" di Carmen Spatafora 
                  - Rubettino Editore 2010 
                   
                    
                   
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              Di 
                  questa storia esistono tante versioni. Ognuno ci ha messo del 
                  suo proprio perchè il Ministero non ha mai confermato 
                  l'evento. Ma non lo ha neanche mai smentito. Di sicuro c'è 
                  solo che alla fine del marzo 1964 la Ferrari 250 GTE è 
                  di nuovo a Maranello, ufficialmente per "tagliando". 
                  Ufficiosamente, per sostituzione di una balestra, delle quattro 
                  gomme e della scatola del cambio...... 
                  Armando Spatafora divenne poi maresciallo, quindi andò 
                  in pensione. Terminò i suoi giorni senza clamore, mi 
                  piace pensare mentre si gustava ancora la scena della scalinata 
                  di Trinità dei Monti in privata beatitudine, con quell'occhietto 
                  vispo che lo fece conoscere alla criminalità con il soprannome 
                  di "Lince". 
                  Di quei quattro moschettieri della "Mobile" non so 
                  se ne è rimasto qualcuno ancora in vita. Se sì, 
                  mi auguro che oggi sia indulgente verso questa povera Pantera 
                  azzoppata che sta trascinandosi per le strade d'Italia. Un'Italia 
                  così diversa da quella che li vide protagonisti 45 anni 
                  fa. 
                  Oggi quella Ferrari - sì, proprio quella! - fa bella 
                  mostra di sè al Museo delle Auto Storiche della Polizia. 
                  Spesso viene portata in giro per l'Italia e ammirata da generazioni 
                  di Italiani che magari non sanno di cosa è stata capace 
                  nei suoi anni d'oro. Quando la Polizia era LA Polizia.” 
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                  Poliziotto 
                  Sprint - Il trailer della discesa dalla scalinata di 
                  Trinità dei Monti
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                    Dipinto 
                        di Trinità dei Monti  | 
                      Vista 
                        scalinata  
                       
                          | 
                      Fotografie 
                        Old Time  
                       
                          | 
                   
                 
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              Ancora 
                  alla metà del '600 l'attuale Piazza di Spagna non era 
                  altro che la somma di due distinte piazze di forma triangolare, 
                  ognuna con la propria autonomia. Anche il nome era differente 
                  e rispecchiava i differenti punti di vista che si affacciavano 
                  sullo slargo: da una parte stava Piazza di Spagna, all'ombra 
                  della sede dell'ambasciata spagnola, dall'altra Piazza di Francia, 
                  sede dell'ambasciata francese. Anche così si fronteggiavano 
                  le due potenze rivali.  
                  La presenza delle due ambasciate conferiva importanza alla sede, 
                  contribuendo enormemente ad accrescere la fama di questa parte 
                  a Roma, anche quale centro residenziale e turistico, soprattutto 
                  per i viaggiatori stranieri. 
                  Lungo la direttrice di Via dei Condotti, sullo sfondo della 
                  piazza, si stagliava la Chiesa della Trinità, unita allo 
                  spiazzo sottostante solamente dalla fontana della Barcaccia, 
                  opera del Bernini, ma le due realtà risultavano entità 
                  estranee, totalmente scollegate fra loro. Il collegamento fra 
                  la chiesa e la piazza, allo stato attuale, era garantito solamente 
                  da una coppia di scale alberate molto ripide, scale che costituivano 
                  più una frattura che un legame, dovuta essenzialmente 
                  ad un forte dislivello.  
                  Il primo ad ideare una scala monumentale che sostituisse l'accesso 
                  alla Chiesa della Trinità, fu il cardinale Mazzarino, 
                  che nel 1660 incaricò l'abate Elpidio Benedetti di ricevere 
                  i migliori progetti dei più valenti architetti romani, 
                  affinché realizzassero una magnifica costruzione, per 
                  la quale metteva a disposizione una forte somma di denaro. 
                  In questa epoca, nonostante una predilezione per l'arte del 
                  Bernini, finì per proporre se stesso in qualità 
                  di progettista. 
                  Morto il cardinale Mazzarino, l'impegno per la realizzazione 
                  della scalinata passò a Stefano Guaffer, un membro dell'ambasciata 
                  francese. Purtroppo, dopo aver lasciato una cospicua eredità 
                  ai Minimi francesi, con il vincolo di usare la somma per la 
                  realizzazione della scalinata, morì, seguito a distanza 
                  di pochi mesi dal cardinale Mazzarino. 
                  Per oltre sessant'anni le sue volontà rimasero solo sulla 
                  carta. 
                   
                   
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                    Ai 
                        piedi della scalinata  | 
                    Fotografia 
                        anno 1962  | 
                    Fotografie 
                        Old Time   | 
                    Babington's 
                        The Room  | 
                    Targa 
                        dedicata  
                        a John Keats  | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  Due prospettive, una scala 
                   
                  Fu Clemente XI a spingere per la realizzazione della scalinata, 
                  obbligando i Minimi a mantenere l'impegno di costruire la via 
                  d'accesso utilizzando il lascito ricevuto.  
                  Durante gli anni che vanno dal 1717 al 1720 gli architetti Alessandro 
                  Specchi, Francesco De Sanctis, Alessandro Gaulli, Francesco 
                  Cipriani, proposero i loro progetti. Innocenzo XIII scelse il 
                  progetto di Francesco De Sanctis, assecondando la volontà 
                  dei Minimi che premevano affinché la scelta ricadesse 
                  su di un loro architetto. 
                  Il progetto del De Sanctis, architetto italiano- (Roma, 1679 
                  – 1731) deve molto ai disegni realizzati dallo Specchi, 
                  pur prefigurando con grande originalità la soluzione 
                  definitiva. La sensibilità artistica del De Sanctis si 
                  evidenzia soprattutto nella concezione priva di eccessivi razionalismi 
                  e aperta alle linee morbide e al gioco. 
                  Le linee seguite dall'architetto nella fase di progettazione 
                  sono ampiamente spiegate dal De Sanctis nella sua relazione. 
                  Una delle principali preoccupazioni fu quella di realizzare 
                  un luogo aperto, scoperto da ogni lato, in modo tale che anche 
                  dal basso fosse facilmente visibile la sommità della 
                  scala. Ciò è dovuto a motivi di ordine pubblico, 
                  poiché una delle necessità fondamentali era quella 
                  di evitare la creazione di luoghi coperti o nascosti in modo 
                  tale da evitare gli inconvenienti e oscenità varie cui 
                  i Padri del Convento erano abituati.  
                  La ripartizione soddisfa invece al contempo esigenze di ordine 
                  pratico ed ideologico, assecondando il titolo della chiesa, 
                  la Trinità. Le rampe sono infatti suddivise in tre scale 
                  centrali, separate da sedili, e ciascuna delle tre scale è 
                  a sua volta divisa in tre rampe ognuna composta da tredici gradini. 
                  Nel mezzo le rampe si unificano in uno scalone solo a formare 
                  una nobile piazza, elevata e scoperta, con altri sedili ed un 
                  grande obelisco. 
                   
                   
                
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                    Keats 
                        Shelley  
                        Memorial House  | 
                    Veduta 
                        aerea   | 
                    La 
                        Barcaccia e il 
                        complesso di Trinità  | 
                    Scalinata  | 
                    Veduta  | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  Fra gli elementi previsti dal De Sanctis, ma mai realizzati, 
                  sono da segnalare una doppia fila di alberi ai lati dello scalone, 
                  in modo tale da offrire una visione più armoniosa e un 
                  riparo dalla canicola estiva. Alternate agli alberi avrebbero 
                  dovuto trovare posto statue e sculture e altri ornamenti da 
                  distribuire in vari luoghi. 
                  Il vero significato della scala realizzata da Francesco De Sanctis 
                  è da ricercarsi nella volontà dell'architetto 
                  di costruire un organismo destinato non solo al passaggio, ma 
                  anche alla circolazione e alla sosta delle persone, pensando 
                  movimenti e spostamenti all'interno di una cornice che consenta 
                  tali attività. 
                  Il maggior merito tecnico che può essere ascritto alla 
                  genialità del De Sanctis consiste nella grande abilità 
                  di regista, grazie alla quale è riuscito a rendere unitari 
                  una serie di elementi fra loro asimmetrici, irregolari ed eterogenei. 
                  La mirabile sintesi è dovuta all'effetto illusionistico 
                  ottenuto con una sapiente strutturazione dello spazio, attraverso 
                  le serie dei gradini, le pause misurate dei ripiani, l'alternanza 
                  di piani concavi e convessi. 
                   
                   
                
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                    Trinità 
                        dei Monti  
                        Alessandro Specchi  | 
                    Piazza 
                        di Spagna 
                        Incisione G.B.Piranesi   | 
                    Trinità 
                        dei Monti  
                        De Rossi 
                          | 
                    Trinità 
                        dei Monti  
                        De Sanctis  | 
                    Trinità 
                        dei Monti  
                        Parini   | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  La difficoltà principale risiedeva nella mancanza di 
                  simmetria fra l'asse della facciata della Trinità e la 
                  prospettiva ottica naturale fornita da via dei Condotti. 
                  La soluzione prospettica ideata dal De Sanctis obbliga lo spettatore 
                  a soffermarsi ora sull'uno, ora sull'altra prospettiva, senza 
                  imporre alcuna scelta, riassumendo le contraddizioni e accogliendole 
                  senza soluzioni rigide che escludessero l'una o l'altra visuale. 
                  Con la scalinata di Trinità dei Monti l'architettura 
                  barocca guadagna un monumento essenziale apprezzato in tutto 
                  il suo splendore per la chiarezza e la profonda visione che 
                  lo anima”. 
                  Il tratto finale della scalinata è stretto dai due palazzotti: 
                  quello di destra, dimora dei poeti inglesi Keats e Shelly, l'altro, 
                  a sinistra, il Babington,s Tea Room, prima sala da tè 
                  di Roma nata per iniziativa di due sorelle inglesi.  
                   
                   
                
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                  "Un poliziotto con la Ferrari". La 
                  fantasia galoppa, si mettono in moto meccanismi che riportano 
                  alla ricerca di documentazione ad anni di distanza dal fatto 
                  avvenuto. Per fortuna mi viene incontro la D.ssa Carmen 
                  Spatafora, figlia del celeberrimo Maresciallo. 
                   
                  
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                    Posizionamento 
                        delle sezioni 
                        palazzine laterali scalinata  | 
                    Posizionamento 
                        scalinata  | 
                    Realizzazione 
                        facciata palazzina  | 
                    Realizzazione 
                        scalinata   | 
                    Scalinata 
                        finita  | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  Con il suo libro “Il Poliziotto con la Ferrari” 
                  descrive con dovizia di particolari la vita e le gesta di Armando 
                  Spatafora, “attore” principale del diorama qui presentato. 
                  Tutta la progettazione ha riscontrato notevoli difficoltà, 
                  in quanto i disegni operativi di Trinità dei Monti e 
                  dell’annessa scalinata, scenario naturale dell’impresa 
                  di Spatafora, non sono stati di facile reperimento. Dopo aver 
                  chiesto a vari Enti Statali e al Comune di Roma i disegni operativi, 
                  ovviamente non trovati, non mi sono perso d’animo, e come 
                  per gli altri diorami: “memento audere semper”. 
                  Così tutti i mezzi di ricerca sono risultati validi, 
                  anche se non sempre esaustivi. Per fortuna qualcuno ha “inventato” 
                  Facebook e così tramite annunci mirati, ho fatto amicizia 
                  con Claudia Lorusso, laureanda in Architettura 
                  al Politecnico di Bari, la quale senza troppi problemi, ha esaudito 
                  la mia richiesta con l’invio di alcune viste prodotte 
                  al CAD di tutta l’area di mio interesse. 
                   
                   
                  
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                    Sezione 
                        palazzo di sinistra  | 
                    Sezione 
                        palazzo di destra  | 
                    Basamento 
                        della scalinata  | 
                     
                       Posizionamento 
                        sezione palazzine  | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  Un vero colpo di fortuna! Adesso si può lavorare con 
                  delle quote sicure. Nel frattempo ho scandagliato il web alla 
                  ricerca di fotografie che riproducessero l’area, mettendo 
                  assieme circa 200 fotografie di ogni epoca, compreso l’anno 
                  1964 fissato per la ricostruzione. La tentazione di ricostruire 
                  da Piazza di Spagna fino in alto la Chiesa di Trinità 
                  dei Monti era forte, ma le misure in scala 1:43 che ne sarebbero 
                  derivate, erano proibitive per una ricostruzione amatoriale 
                  e non industriale come la mia.  
                   
                   
                  
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                    Particolare 
                        scalinata   | 
                    Particolare 
                        scalinata   | 
                    Vista  | 
                    Realizzazione 
                        lampioni   | 
                    Particolare 
                        portone   | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  Quindi ricostruzione delle prime tre sezioni di scalinata partendo 
                  da Piazza di Spagna fino alla prima terrazza posta alla fine 
                  dei due palazzotti laterali che le fanno da contenimento e creazione 
                  di una quinta sezionata a filo tetti. In effetti non riprodurre 
                  la chiesta in cima alla scalinata con i suoi 135 gradini mi 
                  è costato sacrificio morale, ma nella vita non tutto 
                  si può fare. 
                   
                   
                  
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                     Vista 
                        diorama  | 
                     Vista 
                        diorama  | 
                     Vista 
                        diorama  | 
                     L'Alfa 
                        1900 dei fuorilegge | 
                     Scorcio 
                        scalinata  | 
                   
                  | 
             
             
               
                   
                  Nel marzo 2011 ho incominciato a sviluppare i disegni riportandoli 
                  in scala 1:43 e inutile negarlo, la parte che ha richiesto maggiori 
                  sforzi progettuali è stata proprio la scalinata, con 
                  le sue sezioni, le sue alzate e le inclinazioni laterali. Calcoli 
                  su calcoli per suddividere i gradini e farli combaciare con 
                  l’alzata totale. Trovato il sistema, tutto il resto è 
                  stato costruito intorno alla stessa. Ho passato serate intere 
                  a studiare le proiezioni CAD e riportarle sul foglio da disegno, 
                  fino ad arrivare al progetto definitivo della struttura presentata. 
                   
                   
                  
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                    |   Vista 
                        diorama   | 
                      Vista 
                        diorama   | 
                      Consegna 
                        un poco fuori orario  | 
                      Vista 
                        dei tetti realizzati 
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                  | 
             
             
               
                   
                  Nel vivo dei lavori, un duro colpo ha rallentato e a volte sospeso 
                  il correre della fantasia, carburante essenziale per la costruzioni 
                  di diorami, la morte di mio padre. In quei giorni guardavo l’opera 
                  fino a quel momento realizzata e il pensiero che tutto sarebbe 
                  cambiato e che la scalinata restasse un’opera “incompiuta” 
                  mi invadeva piano piano.  
                   
                   
                  
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                    Spatafora 
                        e il collega bloccano lo "Zoppo" ai piedi della 
                        scalinata  
                      
                      
                      
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              |   Ma 
                  la passione e la volontà di portarla a termine proprio 
                  in suo ricordo è stata più forte, quindi all’opera 
                  e avanti con i lavori. Le due palazzine laterali hanno ricevuto 
                  un invecchiamento, cercando di riportare indietro l’orologio 
                  del tempo al 1964. Il problema principale è che tutta 
                  la scena si è svolta di sera di sera, quindi dovevo pensare 
                  a un diorama notturno, sempre con movimento, in quanto Roma 
                  non dorme mai, ma alcuni particolari dovevano essere notturni. 
                   
                   
                    | 
             
             
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                    |   Lato 
                        sinistro scalinata  | 
                      Lato 
                        destro scalinata  | 
                      Vista 
                        aerea  | 
                      Babington's 
                        The Room  | 
                      L'Alfa 
                        1900 dei fuorilegge 
                          | 
                   
                   
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                        Così dopo avare costruito i banchetti dei venditori 
                        di fiori, ho dovuto coprirli come vengono realmente coperti 
                        la sera e i personaggi che fanno rivivere la scalinata, 
                        rarefatti rispetto ad un orario giornaliero. Altra grande 
                        fatica è stata reperire in Italia personaggi in 
                        scala 1:43: sembra che i diorami siano stati banditi dal 
                        territorio nazionale e quindi, vai di Internet alla ricerca 
                        del prodotto, trovato regolarmente in Germania, avendo 
                        un rivenditore nazionale a pochi chilometri di distanza. 
                      
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                       La 
                        vita scorre normalmente in Piazza di Spagna, malgrado 
                        il trambusto dell'arresto 
                       | 
                      Panoramica 
                        verticale  
                       | 
                   
                  | 
             
             
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              Grazie 
                  all'amico Franco Gallo, 
                  ho reperito i modelli di vetture così come descritte 
                  da chi inizialmente ha raccontato l'episodio. L'unica vettura 
                  a ricevere le cure del modellista è stata l'Alfa Romeo 
                  1900, quella rossa dello "Zoppo", che dopo avere cambiato 
                  colore in quanto amaranto, andava ambientata, forature comprese, 
                  alla scena riproposta. Probabilmente il Fiat 615 della Ferrero 
                  non stava consegnando cioccolato o dolci al Babington's The 
                  Room, che detiene il primato di prima sala da the della Capitale, 
                  ma in questo diorama si è cercato di fondere assieme 
                  uno spezzone di vita quotidiana della Capitale, così 
                  come era nel 1964. Qualcuno potrà chiedersi il perchè 
                  di tanto lavoro di costruzione per esaltare un fatto di vita 
                  o di malavita avvenuto. La risposta è semplice: Armando 
                  Spatafora è stato un personaggio epico e forse 
                  unico nelle fila della Polizia romana e se le sue gesta hanno 
                  perfino dato lo spunto ad una produzione cinematografica, allora 
                  l'Uomo lascia spazio ad una sola cosa, al Mito.  
                   
                  "Siena-Monza 44 a doppia vela, passo e chiudo". 
                  MfB   | 
             
             
              |   | 
             
             
              |   | 
             
             
              |   | 
             
             
              |   | 
             
             
              | Modelli 
                inseriti nel diorama: | 
             
             
              Ferrari 
                  250 GT/E 2+2 1962 - Collection Fabbri - scala 1:43 
                  - Die cast  | 
             
             
              Alfa 
                  Romeo 1900 - Casa costruttrice sconosciuta - eleborazione 
                  MfB - scala 1:43  | 
             
             
              | Alfa 
                Romeo 2000 berlina - Starline Models - scala 1:43 - Die 
                cast  | 
             
             
              Fiat 
                  615  (Ferrero) 1952 - Vadis - scala 1:43 - Die cast 
                    | 
             
             
              Figurini: 
                  Preiser scala 1:43  | 
             
             
              |   | 
             
             
              |   | 
             
             
              |   | 
             
             
              Ringraziamenti:  | 
             
             
              | Carmen 
                Spatafora, figlia del celeberrimo M.llo Armando Spatafora 
                e autrice del libro "Il Poliziotto con la Ferrari" | 
             
             
              | Claudia 
                Lorusso, laureanda in Architettura - Politecnico di Bari | 
             
             
              |   | 
             
           
          
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          pubblicata il 21-08-2012 - © Modelfoxbrianza.it  
          
           
          
           
          
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