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Enzo Ferrari: un orgoglio tutto Italiano - Modelfoxbrianza.it

" La mia vita è stata un ansimante cammino.
Non tornerei indietro. Non mi piace più questo mondo dove la violenza ha preso il posto della ragione. Intravedo uno smisurato penitenziario che ha in noi i suoi reclusi. L'egoismo ci condiziona, allontanandoci spesso dal prossimo, costringendoci a contare sulle nostre sole possibilità ". ENZO FERRARI.




Enzo Ferrari: Orgoglio Italiano

L'impresa è ardua: raccontare in brevi frasi quella che è stata la vita di Enzo Ferrari, non è cosa semplice, data la molteplicità degli eventi e la persona a cui sono riferiti. Ferrari, un Uomo che ha disegnato la propria vita fin dalla gioventù, ricevendone a volte gioie e a volte grandi sofferenze. Di Enzo Ferrari si è detto tutto e il contrario di tutto per mettere a fuoco il personaggio: il carattere, le imprese, le vittorie: insomma la vita irripetibile di un ragazzo che da grande sognava di essere Ferrari. Sono convinto che la vera storia di Enzo Ferrari, al di là della stretta cerchia di persone che l'hanno veramente "vissuto" non la conosce nessuno, almeno per quanto concerne i risvolti affettivi e personali che vengono più volte decantati da scrittori più o meno accreditati. Questo tributo vuole essere una panoramica delle situazioni che hanno accompagnato l'esistenza di questo Uomo, un uomo che merita la "U" maiuscola, per aver dimostrato che anche partendo dal nulla, con determinazione e passione si possono fare grandi cose, irripetibili.
Ferrari è sempre stato un convinto nazionalista, attaccato in modo "feroce" alla sua terra: l'Emilia e all'Italia, dimostrando sempre fino alla morte, che vecchi si diventa solo quando i ricordi prendono il posto dei sogni che per Ferrari iniziarono all'età di dieci anni, quando a Modena vide la prima gara automobilistica e lo accompagnarono per tutta la vita, mantenendolo sempre vitale e creativo anche in età avanzata.

La Famiglia Ferrari  in una rara immagine
Enzo e Alfredo Ferrari
Un giovanissimo Enzo Ferrari
Enzo e moglie Laura Garello, sposata il 28 aprile 1923
La Famiglia Ferrari
Enzo e Alfredo Ferrari
Un giovanissimo Enzo Ferrari
Enzo e la moglie
Laura Garello

Ma perché Enzo Ferrari è diventato Enzo Ferrari, tenendo fede alla promessa fatta da ragazzi all'amico d'infanzia Peppino in una calda serata d'estate?
Le motivazioni sono da ricercarsi nel suo carattere tutto d'un pezzo. A proposito di questo particolare, durante le celebrazioni del centenario della nascita di Enzo Ferrari a Modena, Arrigo Levi, figlio dell’Avvocato Enzo Levi, raccontò un aneddoto molto interessante sulla vita di Enzo Ferrari, aneddoto raccolto dalle parole del padre, che scrisse il primo statuto della Scuderia Ferrari.” Mio padre racconta Ferrari in un progetto di un libro che era intitolato: “Sul tema della volontà e la vita morale". Tra gli altri esempi c’è quello di Ferrari” dice Levi; “Ho spesso rilevato gli effetti antitetici prodotti sui singoli da una evento sfortunato.
Esso determina talvolta l’inizio di una discesa paurosa, talvolta invece la reazione della volontà e dell’energia del colpito è tale che le forze sembrano centuplicarsi, si rilevano le sue qualità e non soltanto la caduta e l’inizio di una rivincita, ma sembra che tutti gli errori passati risultino una fonte di ammaestramento.
Che cosa era successo a Ferrari? L’origine della sua attività, dice papà, in un primo tempo, fu decisamente sfortunata. Perduto il padre, giovanissimo, cedette l’azienda creata dal padre, un’industria metallurgica lentamente cresciuta da un’iniziale attività artigiana e si dedicò alle corse automobilistiche, con successi sportivi, ma con pochi successi economici e relativa perdita di gran parte del patrimonio.
“Questo finì sommerso dai debiti nel tentativo di creare una fabbrica di carrozzeria di automobili, che produceva buone carrozzerie, ma antieconomiche”. E qui chiaramente facciamo riferimento alla Carrozzeria Emilia. Sua madre, la signora Adalgisa, interviene con il sacrificio anche vendendo dei mobili di casa e i debiti furono pagati integralmente”.(***)


Dobbiamo anche dire per l'onor del vero, che mentre nel versante dei "cugini" Maserati, Ernesto e Alberto Massimino dovevano rispondere direttamente ad Orsi, Ferrari aveva le mani libere e la sue decisioni erano sue. Queste sono parole riportate da Gioachino Colombo nel suo libro "Le origini del mito" e fanno capire benissimo la linea che poi tenne sempre Ferrari.
Ma cerchiamo di capire il "credo" di Enzo Ferrari. Ha fatto tremare illustri personaggi: piloti, manager, responsabili di grandi aziende e di Associazioni legate al mondo dell'automobile, fino ad avere un peso determinate nel "nuovo Patto della Concordia" stipulato nel 1987 che di fatto sostituiva quello del 1981.
Ma anche in questo caso bastò il "ruggito" di una sua creatura, la Formula Cart, nata appositamente dalla penna di Gustav Brunner per lo scopo ben preciso di far credere di "emigrare", nel caso le sue condizioni non fossero state accolte, negli Stati Uniti ed abbandonare definitivamente le gare europee.
Resta il dilemma se il progetto non andò in porto per la morte improvvisa di Truman, il capo della Truesport che avrebbe gestito tutta l'operazione "formula cart" o se Enzo Ferrari fece costruire appositamente la vettura per intimorire i responsabili della Federazione, cosa che francamente reputo lontana dal pensiero di Ferrari.
Gli vennero cuciti addosso come una seconda pelle molti aggettivi: duro, inflessibile, agitatore di uomini, Drake, Grande Vecchio e titoli realmente meritati, grazie alla sua caparbietà e genialità: Cavaliere della Corona d'Italia nel 1924 - Cavaliere Ufficiale nel 1925 - Commendatore nel 1927 (cariche decadute con la fine della monarchia) - Cavaliere al merito del Lavoro il 21 dicembre 1952, oltre alla laurea Honoris Causa in ingegneria meccanica, conferitagli dall'Università di Bologna il 7 luglio 1960 - Cavaliere di Gran Croce nel 1979 e laurea Honoris Causa in Fisica conferitagli dall'Università di Modena il 1 febbraio 1988. Si aggiungono poi un'infinità di altri riconoscimenti italiani ed esteri che hanno portato Ferrari ad essere uno dei personaggi italiani più conosciuti nel Mondo. Poteva fare il cantante lirico o il giornalista sportivo, come più spesso ripetuto da lui stesso, ma finì per fare prima il corridore automobilistico, vincendo diverse gare e poi il fulcro di una realtà che sarebbe divenuta grande e conosciuta in tutto il Mondo. La Ferrari.
Lui, l'Uomo di Maranello che faceva attendere Sovrani e Capi di Stato di tutto il Mondo nelle sue proverbiali "sale d'attesa", accomunati a piloti, che chiamati appositamente alla sua corte, aspettavano per ore l'ingresso al suo cospetto. Lui che fece licenziare dopo mille peripezie un Campione del Mondo come Surtees, motivando il licenziamento per i noti motivi che gli storici ci hanno tramandato, con una frase che racchiude in se tutta una filosofia di vita:" so quello che perdo allontanandolo, non so cosa perderei se restasse ancora con noi"!

5 ottobre 1919 - Enzo Ferrari alla Parma-Poggio di Berceto
Ferrari e il meccanico Conti alla Targa Florio del 1920
Enzo Ferrari pilota
Enzo Ferrari alla
Parma-Poggio di Berceto
Ferrari e il meccanico Conti
alla Targa Florio del 1920
Enzo Ferrari pilota
Campari, Ferrari
Nuvolari e Borzacchini

La sua abilità nel giostrare gli avvenimenti era unica. Riusciva ad ottenere il meglio da tecnici e piloti, mettendoli in competizione tra loro e a volte creando un clima non proprio disteso, ma sempre per il bene della sua "Scuderia", bene che si materializzava con le vittorie e l'aumento del volume produttivo della sua fabbrica.
Ma il tutto faceva parte del suo carattere, del suo credo. Ferrari era Ferrari. Punto.
Nella Monografia AISA n.97, a pagina 5 c'è una descrizione sull'idea di partenza del 12 cilindri, che Ferrari attribuì sempre alla visione di un dodici cilindri Packard che corse a Indy nel 1914. Questo motore Ferrari lo rivide nell'immediato dopoguerra, montato nelle opulente vetture degli americani. Questo qunto scritto nelle "Briglie del successo", libro scritto da Ferrari nel 1974. L'assegnazione della progettazione del dodici cilindri a Gioachino Colombo, può non essere casuale, in quanto Colombo in Alfa Romeo si occupava della progettazione del 12 cilindri Alfa. Ma questo Enzo Ferrari non lo avrebbe e non lo ha mai detto, continuando a tenere viva l'idea della Packard.

Alcuni piloti l'hanno amato, altri si sono sentiti traditi, altri ancora maltrattati. Più di una volta gli hanno rivolto accuse di non essere riconoscente magari dopo una brillante vittoria.
Molti piloti nelle loro memorie hanno descritto Ferrari come un uomo difficile da interpretare. Il suo carisma era palpabile, un vero padrone delle situazioni sia favorevoli che sfavorevoli che ogni giorno gli si presentavano davanti, ma che in ogni circostanza, andasse come andasse, ne traeva sempre qualche beneficio. Pochissime volte si allontanò dal suo feudo: Maranello. Le "trasferte" più lunghe le fece per incontrare Pininfarina in terra neutra, in quel di Tortona e qui gettare le basi per una produzione di serie con il futuro "sarto" di quasi tutta la produzione Ferrari, iniziata nel 1952 e per incontrare Gianni Agnelli a Torino nel 1969.
Amava le sue macchine sopra ogni cosa, affermando in più occasioni che il pilota era una componente della macchina. Amava scommettere su piloti non affermati per portarli alla vittoria e così dimostrare che le sue macchine erano superiori a tutti e il suo fiuto di talent-scout aveva visto giusto ancora una volta.
Ma con i suoi collaboratori come solo lui chiamava gli operai, Ferrari si dimostrò quasi sempre un padre, pronto ad ascoltare i bisogni degli stessi, forte del detto da lui coniato:" l'azienda è composta primo dagli uomini che ci lavorano, poi dai macchinari ed infine dai muri". Analizzando il suo pensiero, risulta molto chiaro il posto ricoperto dai suoi operai e tecnici.
E i suoi collaboratori lo hanno sempre ricambiato con dedizione al lavoro assoluta, perchè lavorare in Ferrari e per Ferrari era motivo di orgoglio. Un orgoglio nazionale.

Dino e Enzo Ferrari
7 luglio 1960 - Ferrari riceve la laurea Honoris Causa in ingegneria meccanica
Ferrari all'Autodromo di Monza
Il Commendatore alla guida
Dino e Enzo Ferrari
Honoris Causa a Bologna
Autodromo di Monza
Il Commendatore
alla guida

La sua lunga vita è sempre stata piena di fatti poco comprensibili all'osservatore di turno, altalenando soddisfazioni con amari conti da pagare alla vita. Fu così quando perse suo figlio Dino nel 1956, deluso dalla vita pronunciò queste parole:" mi ha deluso l'impotenza a difendere la vita di mio figlio, che mi è stato strappato, giorno dopo giorno, per 24 anni"; o quando qualche suo pilota moriva in gara. Venne accusato dopo l'incidente di Portago alla Mille Miglia del 1957, incidente di cui solo dopo quattro anni (26 luglio 1961) venne scagionato per non aver commesso il fatto, discolpando lui e le sue rosse macchine da una strage non voluta. L'Osservatore Romano nel 1958 lo definì:"un Saturno che divora i propri figli" dopo la morte di Luigi Musso avvenuta a Reims il 6 luglio dello stesso anno.
Tutti questi lutti lo provarono seriamente, toccando i suoi sentimenti al punto che: " al di là dei valori affettivi quando muore un pilota, ritengo un mio imperativo dovere, cercare di sapere se l'incidente è stato causato da ragioni tecniche. Sento profondamente la responsabilità che mi assumo quando affido la mia macchina a un pilota e la considero sicura, nei limiti della perfettibilità umana".

Fu così quando battè per la prima volta a Silverstone nel 1951 l'Alfa Romeo o quando prima ancora, nel 1947, il "caro" Sommer portò alla vittoria una sua creatura al Parco del Valentino nel Gran Premio Città di Torino; parco che quasi trent'anni prima lo vide piangere, in mezzo alla neve, reduce sconsolato e senza lavoro.
Dopo la morte di Dino, non frequentò più gli autodromi se non quello di Modena e di Monza (quest'ultimo fino alla fine degli anni '60) e l'unico suo contatto con le gare fu la televisione e il telefono a cui i Direttori Sportivi di turno, si dovevano attaccare per riferire ogni minimo particolare della gara: anche a migliaia di chilometri di distanza l'unico vero regista era sempre lui.
Tutte situazioni che temprano un uomo fino a farlo diventare coriaceo e refrattario ai fatti della vita.
Ma lui ha sempre tirato diritto per la sua strada, sicuro dei suoi sentimenti per l'automobile e per la sua azienda. Amava il suo lavoro, dedicandone anche le ferie passate regolarmente a Maranello, fino a far sorgere qualche incertezza nel tecnico o dirigente di turno che "osava" chiederne un periodo.
Non viaggia in aereo, neppure in treno e non usa nemmeno l'ascensore, tutte cose che non fanno e non faranno mai per lui. Per incontrarlo si doveva andare a Maranello e fare almeno un'ora di anticamera. Quella non mancava quasi mai, esclusi rari casi.
Avanzando negli anni, sostituì le lenti chiare degli occhiali con lenti scure, aumentando così la sua già spessa inpenetrabilità, assumendo un ruolo di vantaggio psicologico verso il suo interlocutore: scrutava ma non poteva essere scrutato. E le sfuriate in quel dialetto modenese che facevano tramare muri, arredi e tecnici o piloti di turno?. Di questo ne sapeva qualcosa il compiànto ingegnere Aurelio Lampredi, che osò contraddirlo per la realizzazione di un motore due cilindri. Ma per Ferrari e la Ferrari tutti erano pronti a fare carte false pur di lavorare, di correre su quelle macchine rosse
e scrivere il proprio nome negli Albi d'Oro dei Gran Premi Internazionali.

Enzo Ferrari in conferenza stampa
Ferrari, Chapman e Cooper
Una curiosa immagine di Enzo Ferrari
Ferrari nel suo ufficio
Enzo Ferrari in
conferenza stampa
Cooper, Chapman,
Ferrari e Von Hanstein
Enzo Ferrari con Blitz, soprannominato "professore"
Ferrari nel suo ufficio

Si dice che Ferrari non amasse troppo i giornalisti: (il primo "scontro" con un giornalista l'ebbe in occasione del ritiro, ancora misterioso, prima del Gran Premio d'Europa a Lione nel 1924 - leggasi Canestrini). Anni dopo (1976) scrisse Il Flobert, rispondendo così, anche a distanza nel tempo a chi gli aveva mosso accuse secondo lui ingiuste o fuori luogo. Uomo di grandissima memoria, si preparava informandosi e pianificando l'incontro che avrebbe avuto con questo o quel personaggio. Amante delle conferenze stampa, sembrava si divertisse ad ascoltare e poi "silurare" i suoi interlocutori, lasciandoli a volte senza diritto di replica, tanta era la sua forza nel descrivere fatti e dare risposte. Assertore del dodici cilindri, lo volle a tutti i costi. Pioniere di un'era, lo fece progettare e costruire in un'epoca nella quale qualche italiano marciava con un quattro cilindri e il resto, la maggioranza a piedi, in bicicletta o al massimo in Lambretta. Trasformò dei bravi contadini in operai specializzati tramite una scuola professionale da lui creata a Maranello e che ancora oggi è un fiore all'occhiello e base per i futuri tecnici che entreranno a far parte della "fabbrica", come la chiamava lui.
L'artigiano, come amava definirsi, ebbe il coraggio nel 1963 di rompere un accordo quasi stipulato con il colosso Ford, rimandando a casa i loro emissari, pur di non dover sottostare a qualcuno per deliberare le spese di gestione occorrenti. (*) "Un colpo da maestro lo mise a segno qualche anno prima, quando acquistò la sede della Ford a Bologna; colpo studiato nei minimi dettagli e dai ritorni pubblicitari di altissimo livello. Un piccolo industriale che compera la sede italiana della seconda azienda produttrice di automobili al Mondo! I soliti "ben informati", fanno circolare la voce che Ferrari lascerà Modena per trasferirsi a Bologna, ovviamente nella sede appena acquistata. Ferrari ride tra se e lascia dire. Poco tempo dopo si presenta a Modena un inviato del Rettore dell'Università di Bologna, proponendo a Ferrari la laurea honoris causa. Astuto com'era, Ferrari si prodiga per offrire una somma di denaro all'Ateneo bolognese, atta alle future ricerche universitarie. Poco dopo il palazzo di Bologna venne venduto ma Ferrari prese i classici due piccioni con una fava: laurea e basi per i futuri accordi con la Ford" (/*).
Ritentò l'impresa di accordi industriali, questa volta con la FIAT che, (**) "dopo i primi accordi tramite l'Ing. Gaudenzio Bono del 1965 con la mediazione del Comm. Francesco Bellicardi capo della Weber di Bologna, portarono all'accordo definitivo del 18 giugno 1969, ufficializzato il 21 di giugno. L'accordo stabiliva la progettazione di un motore V6 di 65° (Dino), che la Fiat avrebbe poi messo in produzione di serie, permettendo alla Ferrari di ricavarne a sua volta un motore di Formula 2. Dopo l'incontro con l'Avv.Agnelli, la Fiat acquistò subito il 50% del pacchetto azionario, con diritto di prelazione per il rilevamento del restante 40% alla morte dello stesso Ferrari. L'ultimo 10% delle azioni lo mantenne Piero Ferrari, che ora conserva anche la carica di Vicepresidente". (/**)
Enzo Ferrari rimase Presidente fino al 19 marzo 1977 e conservò poi la direzione della Gestione Sportiva. Lui stesso ammise che dopo l'accordo si sentiva sereno e sicuro di avere dato un'avvenire alla sua fabbrica e ai suoi operai.

Enzo e Piero Ferrari durante la riunione del Patto della Concordia - 1981
Ferrari, Dottore in Fisica - 1 febbraio 1988
La cena in fabbrica per il 90° compleanno - 1988
Enzo e Piero Ferrari
Patto della Concordia del 1981
Ferrari Dottore in Fisica - 1988
La cena in fabbrica
per il 90° compleanno - 1988

Lungimirante, "inventò" fin dai tempi della Scuderia Ferrari la sponsorizzazione tecnica sui suoi mezzi di trasporto, ricavandone un beneficio economico non indifferente anche in termini d'immagine. La maggior parte della case automobilistiche pagavano la pubblicità sui giornali. Ferrari, ogni lunedì mattina, trovava foto e articoli delle sue vetture :il tutto gratuitamente.
Terminando questo breve ma sentito tributo a Enzo Ferrari, non resta che predere atto che Ferrari è stato unico nel suo genere: nell'affrontare la vita, nel lavoro quotidiano e nel gestire gli uomini. In questi anni di vittorie e di Campionati del Mondo vinti dalla Ferrari, grazie anche all'apporto determinante del Presidente Luca Cordero di Montezemolo, di Michael Schumacher, Rubens Barrichello e di tutto lo staff Ferrari, ritornano alla mente le imprese di questo leggendario Uomo che si può definire senza ombra di dubbio e senza retorica, per tutto quello che ha fatto per la sua azienda e per il nostro paese: un orgoglio tutto Italiano. MfB

(*)Tratto da : Ferrari l'Unico di Gino Rancati - Giorgio Nada Editore - 1988
(**) Tratto da: Maranello Ferrari e ...la sua gente di Gianni Rogliatti - Puntografico S.p.A.

(***) Tratto dalla Conferenza AISA nel centenario della nascita di Enzo Ferrari - Relatore Adolfo Orsi - Modena 1988


Le fotografie sono tratte dal volume: Enzo Ferrari - Una Vita per l'Automobile
- Conti Editore S.p.A.
Alcune fotografie sono state reperite dalla rete e si ignora il detentore dei diritti.

Tutti i diritti di copyright appartengono ai legittimi proprietari.

Si consiglia la visione e la lettura integrale del volume
La pubblicazione di questa pagina ha il solo scopo di enucleazione storica.


Bibliografia

Le pagine rappresentano uno studio condotto dall'autore sulla figura di Enzo Ferrari e potranno, a seguito di nuovi accertamenti, subire modifiche atte ad inquadrare al meglio la verità storica dell'evento.






pagina pubblicata il 28/10/2004
- ultimo aggiornamento 13/8/2013


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