#2 |
Maranello
- Stabilimento Ferrari - 1943 |
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Maranello
1943
Dalla bella foto aerea, una rarità per quegli anni, si
vede in primo piano al centro della foto il lato della fabbrica
che forma il triangolo con la Via Giardini, ora Abetone Inferiore.
Immersa nella campagna e costruita dopo l'acquisto del Cav.Ferrari
del "Fondo Cavani", occupa "gente del posto",
ovvero abitanti del Comune di Maranello, strappati alla campagna
e inseriti nella realtà industriale della nuova fabbrica,
dopo avere frequentato la "Scuola di perfezionamento professionale
Alfredo Ferrari", scuola voluta dallo stesso Ferrari per
forgiare operai altamente specializzati, atti alla costruzione
di macchine utensili. Avrebbero dovuto passare ancora 4 anni
per vedere uscire dai propri cancelli la prima vettura prodotta
siglata Ferrari, la 125 S. Bombardata durante il conflitto,
la fabbrica venne rimessa in condizione di produrre celermente,
grazie alla collaborazione degli stessi dipendenti. |
2°
Gran Premio Città di Torino - 1947 |
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12
Ottobre 1947 - Torino
Si disputa sul tracciato ricavato nel Parco del Valentino, il
2° Gran Premio della Città piemontese. La vettura
da gara n°78 è una Ferrari Tipo 159 SBC, ovvero Spider
Biposto Corsa, derivata direttamente dalla Tipo 159 S. Dirà
Ferrari dopo la vittoria di Sommer al Gran Premio Torinese :
" Ricordo la commozione che mi procurò la sua vittoria
al Gran Premio di Torino, il 12 ottobre 1947, un risultato incoraggiante
per me, che mi ritrovavo costruttore vincente in quel parco
del Valentino dove nel 1919, morti mio padre e mio fratello,
avevo pianto da disoccupato e senza un soldo..".
Raimond Sommer ha regalato alla Ferrari il primo successo Internazionale
dopo quello "nazionale" delle Terme di Caracalla con
Franco Cortese su 125 del maggio di quell'anno. Sommer partecipa
come pilota al primo Gran Premio a cui partecipa una Ferrari
nel neonato Campionato del Mondo del 1950 a Montecarlo dove
si qualifica in quarta posizione. Anche lui come tanti altri
piloti troverà la morte in una gara automobilistica di
secondo piano a Cadours in Francia il 10 settembra 1950. |
Gran
Premio d'Inghilterra 1951 |
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Silverstone
- 14 luglio 1951
José Froilan Gonzalez corre verso la vittoria del Gran
Premio d'Inghilterra, battendo le rosse Alfa Romeo con la poderosa
Ferrari tipo 375. E' la vittoria contro l'Alfa Romeo e in quell'occasione
Ferrari pronunciò la frase " Oggi ho ucciso mia
madre!". A 14 anni dalle Sue "dimissioni" dall'Alfa,
Ferrari si prendeva la Sua più grossa rivincita. Battere
sul campo l'Alfa Romeo. Fangio, grande amico e compatriota di
Gonzalez, spese parole di elogio per Froilan e per la Ferrari,
benchè fosse arrivato secondo in quel Gran Premio. Soprannominato
"el cabezon" per le generose dimensioni del capo,
diede battaglia per tutto il Gran Premio incalzato da Fangio
su Alfa Romeo che alla fine del Gran Premio sportivamente ammise:
" ..erano felici (Ferrari) ed io ero molto contento per
Froilan che aveva vinto il suo primo Gran Premio valido per
il Campionato Mondiale". Era la fine dell'egemonia Alfa
Romeo nei Gran Premi. |
Antonio
e Alberto Ascari : 1925 - 1955 |
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Montléry,
26 luglio 1925 - Autodromo di Monza, 26 maggio 1955
Antonio e Alberto Ascari, padre e figlio. Professione pilota,
amanti della velocità e delle folle degli autodromi.
Amati da tutti gli Italiani e non solo, seppero conquistare
le folle a suon di vittorie, finchè un tragico destino
non li vide perire entrambi. Cesare De Agostini nel libro "
Antonio e Alberto Ascari"sottolinea le coincidenze che
unirono e divisero nella vita questi due piloti. L'ultimo numero
dell'anno di nascita "1888-1918"; l'ultimo numero
degli anni di morte" 1925-1955". Oltre a questi"numeri"
un'altra coincidenza fu la curva fatale del circuito dove perirono;
in entrambi i casi una curva a sinistra. La morte li attese
nello stesso giorno, il 26 ed entrambi avevano 37 anni. Antonio
Ascari perse la vita durante il Gran Premio di Francia, andando
a toccare con la ruota posteriore sinistra un paletto messo
a delimitazione della pista che provocò lo sbandamento
della sua Alfa P2 e il conseguente capottamento della vettura.
Alberto mentre provava a Monza la vettura dell'amico Castellotti,
una Ferrari 3000 Sport, forse per un incauto passaggio di un
manovale che attraversò la pista mentre la vettura di
Ascari abbordava la curva dell'Autodromo brianzolo che prenderà
il suo nome dopo la morte, si capotta e striscia per parecchi
metri sull'asfalto.
Antonio nel 1925, contribuì alla vittoria del primo Campionato
del Mondo "Marche" attribuito all'Alfa Romeo. Alberto
divenne Campione del Mondo nel 1952 e 1953 con la Ferrari, unico
Italiano iridato ad oggi. |
Ascari: una morte misteriosa - 1955 |
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Montecarlo
- 22 maggio 1955
Alberto Ascari è al volante di una Lancia D50 messagli
a disposizione da Gianni Lancia, dopo che lui e Gigi Villoresi
nel 1953 hanno salutato Enzo Ferrari, destinazione Torino. Finalmente
dopo l'anno di sofferenza (1954), Alberto può esprimere
ancora tutto il suo valore di pilota e di sportivo, correndo
ancora per una Casa Italiana. Il GP di Monaco è la seconda
gara stagionale e Ascari nella prima gara della stagione, il
Gran Premio di Argentina, si è classificato solo 20°
causa un'uscita di strada. Ma durante la gara all'81° giro,
per evitare di sbattere contro il muretto in un'attimo di deconcentrazione,
sceglie di "lanciarsi" nelle acque monegasche, lasciando
una sicura vittoria al ferrarista Trintignant. Subito soccorso
Alberto riporta oltre allo shock per l'inaspettato bagno, anche
la frattura del setto nasale e l'obbligo da parte del personale
medico, di non riprendere l'attività agonistica almeno
per una decina di giorni. Ma un pilota vuole provare a se stesso
che l'incidente non l'ha cambiato.
Monza - 26 maggio 1955
Il giovedì successivo non ascoltando né pareri
medici, né tanto meno la moglie Mietta, si presenta all'Autodromo
di Monza dove sta provando l'amico e allievo Castellotti. Eugenio
è al volante di una Sport della Casa di Maranello e tra
un giro e l'altro, Alberto gli chiede di potere effettuare alcuni
giri di pista, tanto per tenersi in esercizio. Chi lo conosce
e lo vede salire sulla vettura, capisce che c'è qualcosa
che non va. Alberto è in camicia e cravatta e non ha
con sè l'inseparabile caschetto azzurro e la maglietta
anch'essa azzurra da gara. Verso mezzogiorno schiaccia l'accelleratore
puntando verso la Curva Grande. Gli alberi si fanno sempre più
veloci verso di lui, arriva alle due Curve di Lesmo e si lancia
verso il Serraglio e quindi sul rettifilo che porta alla Parabolica
per immetrsi nel rettifilo dei box. E' talmente il gusto della
velocità e della rinata sicurezza in Lui, che decide
di fare un altro giro, passando davanti ai box e salutando l'amico
fraterno Castellotti. Il motore si fa sempre più "grosso",
le gomme stridono alla secoda di Lesmo. Arriva alla curva a
sinistra che prenderà poi il suo nome, la passa e all'improvviso
il motore si fa muto e sull'Autodromo scende di colpo il silenzio.
Ai box capiscono che è successo qualcosa. I soccorsi
partono immediatamente e trovano il povero Alberto riverso a
testa in giù, dopo una strisciata di una cinquantina
di metri. La Sport rovesciata è un brutto segnale per
i soccorritori. Le cause non furono mai stabilite: embolia in
seguto all'incidente di Montecarlo, o come si sussurra, l'incidente
fu dovuto all'improvviso attraversamente della pista da parte
di un manovale che credendo la pista libera per la pausa di
mezzogiorno, decise di attraversarla, obbligando Ascari ad una
improvvisa frenata per evitarlo, con il conseguente tragico
ribaltamento. |
Lancia
Ferrari D50 - 1956 |
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Schieramento
prima della partenza di un gran premio nel 1956.
Le vetture schierate tutte Ferrari D 50, furono donate alla
Ferrari con una "cerimonia" voluta dallo stesso Gianni
Lancia, dopo la chiusura del Reparto Corse della Casa torinese
a seguito la morte di Alberto Ascari, uomo di punta Lancia per
il 1955. Tutto il materiale del R.C.Lancia composto da sei vetture
di F.1 e moltissimo materiale di ricambio, venne imbarcato sulle
bisarche e spedito a Maranello il 26 luglio 1955. Le vetture
impresse nella fotografia, sono le stesse del "regalo Lancia"
con l'aggiunta della carenatura sui serbatoi laterali, modifica
effettuata direttamente dalla Ferrari per affrontare la stagione
Mondiale che la vide Campione nel 1956 con J.M.Fangio. |
Peter
Collins - Gran Premio d'Italia 1956 |
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Monza
- Gran premio d'Italia 1956
Box in fermento: arriva Collins per il cambio gomme e il previsto
rifornimento. Musso è già ripartito, forse ripensando
al quel "no" secco precedentemente detto ai responsabili
della Scuderia Ferrari. Peter ormai quasi fermo al box Ferrari,
vede seduto sul muretto Manuel Fangio, che sconsolato assiste
all'evolversi della gara, pensando che qualche punto in più
gli avrebbe fatto proprio comodo per il Campionato del Mondo.
Collins non ci pensa due volte, scende dalla sua D50 e la cede
spontaneamente al collega di Scuderia per poter terminare la
gara ed assicurarsi il titolo di Campione del Mondo 1956. Dopo
avere ringraziato Collins per il nobile gesto, Fangio riparte
all'inseguimento di Moss leader della corsa. Sul traguardo dei
50 giri Fangio si classificherà secondo, vincendo il
Campionato del Mondo su di una macchina ceduta senza troppi
problemi dal compagno di scuderia, tra le altre cose anche lui
in lotta per il Campionato del Mondo. Collins in un' intervista
del dopo corsa dirà che di tempo ne avrà ancora
per rifarsi e diventare Campione del Mondo, visti i suoi 25
anni.
Neurburgring, 3 agosto 1958
Collins è davati a Brooks e tenta di resistergli disperatamente,
ma alla curva Pfanzgarten arriva troppo veloce e perde il controllo
della sua Ferrari, andandosi a schiantare contro gli alberi
che delimitano il circuito dopo un pauroso volo.
Anche lui come Castellotti muore a soli 27 anni nel coronamento
del sogno di diventare Campione del Mondo di F1, rinviato nel
1956 per un nobile gesto verso un compagno di squadra. Questo
era Peter Collins. |
Il
"Maestro" - Nürburgring 1957 |
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Gran
Premio di Germania - 4 agosto 1957
Fangio conquista il suo quinto titolo mondiale con la Maserati,
ma per l'epica impresa compiuta dal "Maestro" vale
la pena di raccontarla, anche se concorrente con una Maserati,
la rivale modenese dell'epoca.
Per vedere la bandiera a scacchi si dovevano percorrere 22 giri
di 22,722 mt. pari a 500,984 km, tra curve e saliscendi massacranti
che mettevano in evidenza doti e lacune di guida anche dei migliori
piloti dell'epoca. Manuel Fangio su Maserati 250F contrariamente
ai piloti Ferrari, monta gomme Pirelli, più tenere delle
Englebert usate dalla Casa di Maranello, montate appositamente
per non dovere effettuare soste ai box per il cambio gomme.
La strategia di Fangio è una gara tutta d'attacco, tanto
avrebbe dovuto fermarsi a sostituire gli pneumatici durante
la corsa. Approfittando della maggior leggerezza della sua vettura,
dovuta al minor carburante nei serbatoi, Fangio passa in testa
al 3° giro e come concordato con i suoi meccanici al 12°
giro si ferma per rifornire la vettura. La sosta studiata prima
della gara doveva essere massimo di 30", tanto da potere
rientrare ed essere ancora davanti a Hawthorn e Collins su Ferrari.
Ma qualcosa non funziona e i 30" diventano tra sosta e
ripartenza più di un minuto, allontanandosi così
dalle due Ferrari che indisturbate conducono la corsa. Ma Fangio
è eccezionale! Dopo avere scaldato le gomme nel primo
giro, parte all'attacco dei due battistrada ferraristi. Lo sfrecciare
a piena velocità di Fangio allarma i box Ferrari che
per comunicare l'inizio della rimonta ai loro danni, sono costretti
ad aspettare che Hawthorn e Collins abbiano concluso il giro
successivo di quasi 23 chilometri, durante il quale Fangio recupera
ancora altri preziosi secondi. Al penultimo giro parte il primo
attacco a Collins che in seconda posizione viene passato da
Fangio, a sua volta ripassato da Peter. Ma la seconda posizione
di Collins durerà poco. Fangio ormai è all'inseguimento
di Hawthorn che passerà vincendo la gara con tre secondi
e mezzo di vantaggio, approfittando di un errore dell'Inglese.
Recuperare secondi e posizioni sulla pista tedesca non è
proprio da tutti, è solo da Fangio!. |
Eugenio
Castellotti - 14 Marzo 1957 |
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Modena
- 14 marzo 1957
Eugenio Castellotti. Segni particolari: veloce, velocissimo.
Esordì in F.1 con la Lancia nel 1955, passando poi alla
Ferrari per restarci fino al 1957, esattamente il 14 di marzo.
Di bella presenza, molto ricco, il "ragazzo di Lodi"
faceva parte di quella primavera Ferrari che oltre a lui vedeva
schierati per il Cavallino rampante piloti del calibro di Musso,
von Trips e Collins. Amico di Alberto Ascari fu testimone diretto
della sua morte sulla pista di Monza, morte che segnò
profondamente il suo animo. Fidanzato con la soubrette Delia
Scala, visse con lei momenti travagliati, fino al punto di decidere
di smettere con le corse dopo il matrimonio. Quel 14 marzo 1957,
Eugenio lo passò all'Aerautodromo di Modena sotto gli
occhi attenti di Ferrari, cercando di migliorare giro dopo giro
il record della pista conteso a Jean Behra. La pista scivolosa,
i pensieri rivolti verso Delia, verso il futuro matrimonio,
verso l'obbligata rinuncia alle corse. Alla "S" Stanguellini
Castellotti ritarda all'ultimo la staccata per guadagnare una
manciata di centesimi di secondo, butta il muso della sua Ferrari
all'interno della esse e tocca il cordolo della pista sbandando
paurosamente e toccando ancora il cordolo, si dirige verso il
prato con la vettura quasi ingovernabile, attraversandolo tutto
e finendo capottato sulla tribunetta del Circolo della Biella..
E' la fine di questo amato pilota, morto all'età di 27
anni, sicura promessa dell'automobilismo sportivo Italiano. |
Mille
Miglia 1957 |
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Brescia
- 11/12 Maggio 1957
Piero Taruffi si appresta a partire da Brescia per la XXIV Mille
Miglia, che lo vide vincitore in quella sfortunata edizione
conclusasi con la morte di Alfonso Portago e del copilota Ed
Nelson. L'Ingegnere come veniva chiamato nel mondo delle corse,
era un ottimo stradista ed abile collaudatore. Si racconta che
un giorno provando una vettura sport a 300 km/h, si accorse
che un cuscinetto della ruota anteriore "fischiava".
Dopo la vittoria alla Mille Miglia, come promesso alla moglie
e a Ferrari, Taruffi si ritirò dal mondo delle corse
lasciando un segno indelebile di un gentleman di altri tempi.
Qui lo vediamo alla partenza con la sua vettura da gara, una
Ferrari 315 S, mentre attende il finale del conto alla rovescia
prima del via.
De Portago è partito da 4 minuti verso la sua ultima
"cavalcata". |
Mille
Miglia 1957 - Una vittoria a gesti |
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Brescia
- 12 Maggio 1957
Ultima tappa della Mille Miglia. Da lì a poco sarebbe
divenuta anche l'ultima Mille Miglia. Piero Taruffi conduce
la gara con un discreto margine di vantaggio su von Trips, che
chilometro dopo chilometro vede assottigliarsi il suo svantaggio
da "volpe argentata". Dopo alcune curve lente, Taffy
si trova in coda a Taruffi e ovviamente tenta il sorpasso. Le
due Ferrari sono quasi appaiate, quando dalla n°535, Taruffi
fa dei cenni al tedesco, indicando la parte posteriore della
vettura e accompagnando il suo gesticolare con le dita della
mano indicanti il numero quattro. "Taffy" osservava
Taruffi e vide un altro segno evidente di Taruffi: le mani giunte
in segno di preghiera. L'abile pilota tedesco si rese subito
conto di cosa voleva segnalargli Taruffi: "mi rimane solo
la quarta marcia ed ho problemi all'assale posteriore della
vettura. E' la mia unica occasione per vincere la Mille Miglia;
lasciami il comando della gara".
Von Trips obbedendo alla richiesta gesticolata fatta da Taruffi
e agli ordini di scuderia dati dallo stesso Ferrari, si accoda
alla Ferrari n°535 e la scorta fino all'arrivo di Brescia
come si vede dalla foto d'epoca, rinunciando a vincere una gara
per lui già vinta. Nessuno dimenticò quel nobile
gesto, nemmeno Ferrari che ebbe sempre una grande stima e considerazione
di Wolfgang von Trips, gentleman d'altri tempi. Difficile sapere
se andò veramente così, in una realtà che
sembra romanzata, ma l'episodio merita di essere ricordato per
lo spessore dei due piloti, veri "cavalieri del rischio". |
"Operaciòn
Fangio" - G.P. di Cuba 1958 |
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La
Habana - 24 febbraio 1958 - 2° Gran Premio di Cuba
Fangio e la Maserati. Il cinque volte Campione del Mondo nelle
prove ufficiali del Gran Premio di Cuba, stabilisce il miglior
tempo con la sua 450 S e l'indomani giorno della gara, sarebbe
partito dalla prima fila. Il condizionale è d'obbligo,
visto che Manuel Fangio quel gran premio non lo corse mai. Mentre
nella hall dell'Hotel Lincoln a La Habana si sofferma a parlare
con alcuni suoi ammiratori, viene prelevato e sequestrato da
un gruppo di guerriglieri del movimento 26 di luglio, comandato
da Faustino Pèrez, sotto gli ordini diretti di Fidel
Castro. Il motivo del sequetro è da attribuirsi alla
ricerca da parte della guerriglia Cubana di una notizia sensazionale
che avrebbe fatto il giro del mondo, attirando l'opinione pubblica
sui problemi del popolo cubano. Il Governo presieduto da Fulgencio
Batista, aveva organizzato il 2° Gran Premio di Cuba per
rilanciare l'immagine del paese, dovendo a sua volta accusare
un duro colpo quando Fangio venne sequestrato. "El Chueco"
venne caricato su di una Playmonth nera e portato in una zona
borghese della città, dove venne trattenuto per circa
27 ore prima del rilascio, avvenuto direttamente nelle mani
del Console Argentino. Il giorno seguente, giorno del gran premio,
cinque minuti prima della partenza gli altoparlanti posti intorno
al circuito diffusero la notizia della liberazione del campione
Argentino. Dopo la liberazione, Fangio dirà che la cosa
che più gli è dispiaciuta è di avere "saltato"
la cena a base di patate fritte e uova. Affermò inoltre
che il sequestro gli procurò più popolarità
negli Stati Uniti che i cinque titoli mondiali da lui vinti.
Il rischio più grosso che Fangio corse, fu quello di
essere ucciso dagli uomini di Batista, facendo poi ricadere
la colpa del fatto sul Movimento 26 di luglio. In questo modo
si cercava di riparare ad una figuraccia fatta davanti agli
occhi di tutto il mondo. Anni dopo Fangio tornerà a La
Habana e in quell'occasione Fidel Castro interruppe una riunione
governativa per salutare e scusarsi di persona con il campionissimo
dei fatti del 1958. |
Lascia o Raddoppia 1958 |
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Lascia
o Raddoppia 1958
Ancora sotto shock per l'incidente alla Mille Miglia del 1957,
l'opinione pubblica italiana ed anche le, anzi, l'emittente
televisiva di Stato, condannava lo sport automobilistico e la
sua pericolosità, arrivando a chiederne la completa abolizione
dall'italico territorio. La contraddizione del tempo si evince
chiaramente dalla fotografia. Mentre tutti sembravano scagliarsi
contro l'automobilismo sportivo, Mike Bongiorno pensa bene di
invitare a Lascia o Raddoppia un quartetto d'eccezione: Mike
Hawthorn, Phil Hill, Gerino Gerini e Jo Bonnier posano vicino
al noto presentatore, quasi a convincere gli italiani della
non pericolosità delle competizioni sportive e nei bar,
unici posti dove si poteva vedere la televisione e commentare
gli eventi, gli appasionati di automobilismo ricevono in "regalo"
i campioni dello sport dell'auto intervistati dal noto ancorman.
Mancavano pochi giorni alla 500 Miglia di Monza, una settimana
alla morte di Musso e un mese alla morte di Collins. |
500
Miglia di Monza 1958 |
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500
Miglia di Monza - Trofeo dei Due Mondi - 29 giugno 1958
La Ferrari 412 MI in posa ai box dell'Autodromo brianzolo, durante
una sezione di prove in vista della partecipazione alla 500
Miglia di Monza, seconda ed ultima edizione. Si ricoscono con
il casco il collaudatore della Casa di Maranello Martino Severi
ed al centro l'Ing. Carlo Chiti, mentre discute con due persone
non meglio identificate. (quello vestito di bianco potrebbe
essere Hawthorn). Per la cronaca, la 500 Miglia di Monza era
composta da tre prove denominate: Premio Esso, Premio Shell
e Premio Mobil. Le Ferrari erano pilotate da Phil Hill, Mike
Hawthorn e Luigi Musso. Proprio Musso fece registrare la media
più alta in prova a 281,087 km/h. Vincitore dell'edizione
1958 che vedeva antagonista la scuola Americana e la scuola
Europea fu Jim Rathmann, che vinse alla media di 268,311 km/h
una gara disputata tutta sull'anello di alta velocità
in senso antiorario. Terzi classificati il trio Musso-Hill-Hawthorn
su Ferrari 412 MI. |
Lodovico
Scarfiotti - Giro di Calabria 1958 |
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Lodovico
Scarfiotti classe 1933:"Gentleman driver".
Nell'ambiente delle corse, il gentleman driver era colui che
affrontava le stagioni agonistiche pagando di tasca propria
vettura, trasferte e tutto quant'altro orbitava nel mondo delle
quattro ruote.
Lodovico era uno di questi. Poco di lui si trova nei nuovi libri
dell'automobilismo sportivo, se non la bellissima vittoria al
37° Gran Premio d'Italia a Monza nel 1966 con la Ferrari.
Di famiglia facoltosa torinese, nipote di uno dei fondatori
della FIAT e parente stretto degli Agnelli, trapiantato a Porto
Recanati, ama i prototipi che senza ombra di dubbio preferisce
alla massima formula. Stradista perfetto si cimenta e vince
molte gare in salita, vincendo nel 1962 e 1965 il Campionato
Europeo della Montagna. Un fatto singolare da ricordare di questo
pilota, risale al Giro di Calabria del 1958. Nelle vicinaze
di Nicastro, Lulù arriva velocissimo prima di una curva
in discesa, che naturalmente affronta senza staccare il piede
dall'accelleratore. Risultato: volo in una scarpata e macchina
rovesciata senza possibilità di uscita del povero Scarfiotti.
Uno spettatore che per puro caso passava nei paraggi, aiuta
Lodovico ad uscire da quella posizione insolita. Scarfiotti
non riportando nessuna ferita, fa amicizia con il suo "salvatore",
godendosi assieme il resto della gara seduti su di un muretto.
Due anni dopo, Scarfiotti si ripresenta la via del Giro di Calabria.
Pronti-Via. Stesso punto, stessa curva, stessa velocità
e naturalmente stesso volo. Da non credere, si presenta la stessa
persona che due anni prima lo aveva tolto dalla "scomoda
posizione" che dopo averlo riconosciuto, lo porta all'ospedale.
Dal 1958 al quel 8 giugno 1968, giorno della sua morte avvenuta
a Rossfeld in Germania in seguito a incidente automobilistico,
Scarfiotti si alternò tra vetture a ruote coperte e scoperte,
riportando appunto la vittoria in due Campionati Europei della
Montagna, la vittoria a Monza del 1966, dove il prescelto al
podio dalla Casa di Maranello era Bandini. Ma la sorte sorrise
a Lodovico Scarfiotti dopo avere ingiustamente, causa il distacco
del tubo dell'alimentazione, tolto di scena Bandini. Infine
l'indimenticabile arrivo alla LINI con il 2° posto in coppia
con Parkes alla 24 Ore di Daytona nel 1967. |
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